A sangue freddo

Martedì.

Spero che il mio fratellino non si incazzi. Lui è molto geloso della sua privacy ed è decisamente poco "social". Dopo anni di insistenza, da parte mia, è solo da poco che si è fatto un profilo Instagram. Della serie di quelli con i nomi astrusi per non farsi identificare, con tanti numeri e maiuscole.
Ma devo postare questa foto per potermi collegare ad uno dei miei temi svedesi preferiti: la fuga.
Ma andiamo per ordine.
Foto.


La statua che vedete nel mezzo tra me e mio fratello riproduce fedelmente Margaret Krook, una famosa attrice del teatro drammatico di Stoccolma, quello dove è cresciuto Ingmar Bergman. Prima di lasciare il pianeta Terra, fu molto chiara: "per favore non fatemi una statua, sono fredde". Allora cosa fanno gli Stoccolmesi (si dirà così poi...) per renderle omaggio? Una statua calda. Sì sì: letteralmente calda, 37 gradi per la precisione, come la temperatura umana. Se d'inverno capitate a Stoccolma e vedete qualcuno abbracciarsela a lungo, capirete il perché.

Il ragazzo della storia che vi sto per raccontare dovrebbe, secondo me, abbracciarla molto di più questa statua. Vi spiego.
Anche nelle residenze universitarie c'è il locale lavanderia in comune: a me la soluzione piace, ve ne avevo già parlato ai tempi di Marina. Le lavatrice sono professionali, super efficienti e si risparmia sulla bolletta elettrica, per non parlare poi degli effetti positivi sull'ambiente. L'altro giorno arrivo per il mio turno lavaggio e vedo questa scena: ragazza asiatica visibilmente in panico davanti alla lavatrice che comunica solo in svedese vicino ad un ragazzo svedese che cerca di capire il perché la lavatrice non funzioni.
Dopo due minuti, dico due minuti contati, il ragazzo dice, gentilmente per carità, come sempre fanno da queste parti: "mi spiace, non ho tempo adesso di leggere, non le ho mai usate queste (sic), devo andare". Ma dico, andare dove? Alle quattro di un buio, triste e piovoso mercoledì pomeriggio? Ma si lascia una ragazza così? Bam, sparito come Flash cazzo. L'asiatica immobilizzata. Mi avvicino, mi faccio spiegare il problema, lei non me lo sa spiegare, cerco di avviare la lavatrice che mi sputa qualche frase sul display in svedese piena di å, ö, ä e via dicendo, al che dico: sai che, mia cara asiatica, la lavatrice dice che c'è un problema tecnico e devi usarne un'altra. Le offro la mia che ho prenotato. Io frego quella dello svedese impegnato. 

Ancora devo capire dove va tutta sta gente alle 4 di pomeriggio.

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